Un viaggio attraverso le mense dei conventi. Produzione e consumo dell’olio nel territorio imolese.
Mostra con visita guidata a cura di Rossi Cristina e Toschi Savelli Teresa.
Il percorso della mostra prende l’avvio dai registri delle entrate e delle spese degli ordini religiosi soppressi da Napoleone, grazie al quale noi oggi conserviamo presso il nostro istituto questi fondi documentari.
Documenti, nei quali vengono periodicamente registrati i prodotti necessari all’approvvigionamento alimentare del monastero ed elencate tutte le spese sostenute dall’ordine per le proprie necessità. Queste, sono fonti inesauribili e preziose per la conoscenza dell’alimentazione, ma anche per lo studio della circolazione e della coltivazione dei prodotti agricoli nel territorio d’Imola. Grazie a queste è stato possibile scorgere l’arricchirsi delle tavole imolesi, con la comparsa, seppur tardiva, dei nuovi alimenti originari delle Americhe1.
La tradizione culinaria infatti, profondamente influenzata dalle pressioni esterne, è anche contaminazione; questo fenomeno appare sovente attraverso la comparsa e l’uso oramai consuetudinario d’altri prodotti, fino a non molto tempo addietro ritenuti rari e preziosi, come le spezie2.
Ma la cucina è soprattutto tradizione, continuità, seppur nell’innovazione ed ecco apparire nei nostri registri le salse agrodolci3, gusto caro alla cucina romana, seppur rinnovato dalla presenza di zucchero e di spezie come la cannella4. Accanto al gusto dolce-salato, vediamo apparire l’olio d’oliva5, re della cucina romana, e caposaldo della sua agricoltura. Ecco che “pane, vino ed olio” emblema della cultura latina che, filtrata attraverso il cristianesimo, diviene cibo di vita e di salvezza eterna. E è proprio la cultura cristiana e l’affermasi della precettistica connessa con l’anno liturgico che, imponendo l’astensione dalle carni e dai grassi animali nei giorni di magro, diffonde in tutta la cristianità l’uso dell’olio d’oliva, quale unica alternativa ai condimenti d’origine animale.
Apprendiamo poi da queste fonti che i frati domenicani d’Imola6, ordine religioso d’elite, nel quale entravano i figli cadetti della ricca aristocrazia imolese, possedevano un podere, “la Fratina”, nel territorio di Mezzo Colle, in cui i padri coltivavano gli ulivi.
Dallo stesso documento risulta inoltre che i padri, oltre a coltivare gli ulivi, producevano anche l’olio. Nella nota spese infatti viene segnato il pagamento del mezzadro con una quota del prodotto per aver portato le olive della Frattina al mulino.
Attraverso le testimonianze catastali è stato poi possibile seguire la storia del podere e delle sue coltivazioni, dalle quali risulta che la coltivazione dell’ulivo permane anche dopo l’esproprio napoleonico e si protrae fino agli anni 1811-17, anno di redazione dei registri d’impianto del catasto gregoriano (Sommarione di Mezzo Colle).
Nella serie successiva invece, i Brogliardi, redatti intorno al 1835, gli ulivi spariscono dal podere.
E’ possibile riscontrare un’analoga vicenda per il podere Marana, di proprietà della Mensa Vescovile7, situato nel territorio di Torano , feudo del vescovo in antico regime, anch’esso presenta testimonianze della coltivazione dell’ulivo nel corso del settecento fino al primo decennio del secolo seguente. Inoltre, grazie alla mappa del perito Oppi è anche possibile rendersi conto visivamente, della consistenza e della densità reale dell’impianto, non abbiamo infatti una presenza sporadica e marginale di ulivi, bensì un vero e proprio impianto costituito da filari, la cui resa produttiva è di portata sicuramente rilevante. Connesse alla coltivazione dell‘ulivo, sono anche presenti nel nostro territorio, tutte le attività ad esso legate, quali la trasformazione e la commercializzazione d’olio. Abbiamo infatti individuato, nella seconda metà dell’settecento, per il territorio d’Imola, tre frantoi , uno dei quali è stato possibile identificarlo all’interno delle mura cittadine e per la precisione in via Emilia8. Altra testimonianza che riguarda invece la commercializzazione, la troviamo nei Campioni comunali9, in cui compare la richiesta inoltrata dalla comunità al Consiglio d’imporre ai commercianti d’olio l’utilizzo di misuratori in vetro, per non alterarne la qualità. Sempre nei campioni vi è inoltre traccia della diffusione del consumo d’olio, lo troviamo infatti presente nel regime alimentare delle truppe britanniche di passaggio attraverso Imola.
Non mancano poi notizie riguardanti anche l’importazione d’olio dalla vicina Toscana, attraverso la testimonianza processuale d’ un commerciante, citato in giudizio per presunta frode alla Gabella10. Altra testimonianza di questa attività, la rintracciamo negli stati d’anime del 1806.
Altre tracce, riguardanti la coltivazione dell’ulivo, le troviamo nel territorio di Ghiandolino, lungo la vallata del Santerno. Qui, nel Catasto Ridolfi del 1778-83, al podere di Nola appaiono coltivati gli ulivi, ma già nei registri d’impianto del catasto gregoriano del 1811, gli ulivi sono sostituiti dal seminativo11. Altre tracce di questa coltivazione si trovano, oltre un secolo prima, in un territorio confinante con Ghiandolino, a Borgo di Nola, dove il Catasto Nelli del 1637 indica tredici tornature coltivate anche ad ulivi12. Di questi terreni, non essendo riusciti a individuarli nei catasti successivi, non è stato però possibile seguirne lo sviluppo nel corso del tempo per conoscere la storia delle loro coltivazioni. Numerose sono le testimonianze simili a queste che potremmo definire a macchia di leopardo, perché compare la coltivazione dell’ ulivo nei diversi catasti d’antico regime, ma non è possibile seguirne lo sviluppo storico per l’incompletezza della fonte catastale o per mancanza di rifermenti al catasto precedente.
Infine riusciamo a rintracciare una presenza persistente ed ininterrotta dell’ulivo nel territorio di Fiebano, poi confluito nel Comune di Bergullo e Goccianello, dove nei due poderi denominati “Gonza Caranti e Gonza Mita” la coltivazione si protrae fino al 1835, anno in cui vengono redatti la serie dei Brogliardi del catasto gregoriano13.
Dal censimento fatto, possiamo però notare che anche in questo territorio del contado la coltivazione dell’ulivo si riduce drasticamente tra il 1811 e il 1835 come testimoniano le due serie dei registri catastali.
Troviamo infine le ultime notize riguardanti l’olivicoltura nella presenza d’un torchio per le olive presso il mulino Paroli a Linaro tra il 1811 e il 183514, dopo questa data l’attività scompare come scompaiono gli ulivi nel territorio imolese.
Abbiamo trovato anche altre testimonianze di questa coltivazione nel nostro territorio , ma è qui stata fatta la scelta d’esporne solo alcune a campione che ci permettessero di ricostruire in un arco temporale di circa tre secoli la loro evoluzione storica.
Si può comunque affermare che la coltivazione dell’ulivo fosse presente lungo le due sponde del fiume Santerno a partire dal 1637, per poi scomparire definitivamente dopo il 1835.
Dai nostri documenti non è possibile desumere le cause precise di questo fenomeno, perché nelle fonti documentarie non è rimasta alcuna traccia d’evento particolare. Possiamo solo prendere atto del fatto che l’ulivo, spesso, viene sostituito dalla vite, che la motivazione di questo fenomeno possa risiedere in una maggiore resistenza della vite al freddo e quindi vi sia dietro tutto ciò una causa climatica, è possibile, ma le fonti, ad oggi, non ne riportano traccia.
Può darsi che vi sia stato un fenomeno d’abbassamento climatico lento che abbia agito quindi sul lungo periodo, intrecciandosi anche, con motivazioni economiche, legate alla domanda e all’offerta.
Possiamo anche supporre che, accanto ad una bassa redditività, vi sia stato un calo della domanda, determinato da fattori culturali.
La drastica riduzione degli ordini religiosi, l’affievolirsi della precettistica, sia nella dottrina cristiana, sia nella società, sempre più laica, abbiano contribuito a determinare il cambiamento.
Fonti archivistiche
FRATI AGOSTINIANI, fondo demaniale registro delle spese del 1792 – 1798 registro n. 15/8212:
FRATI MINORI CONVENTUALI DI S. FRANCESCO, fondo demaniale registro delle spese del 1802 – 1805 registro n. 2/8183:
FRATI AGOSTINIANI, fondo demaniale registro delle spese del 1792 – 1798 registro n. 15/8212:
FRATI OLIVETANI DI SANTA MARIA IN REGOLA, fondo demaniale fascicoli delle spese con fatture busta 4/8095:
FRATI MINORI CONVENTUALI DI S. FRANCESCO, fondo demaniale registro delle spese del 1802 – 1805 registro n. 2/8183:
FRATI OLIVETANI DI SANTA MARIA IN REGOLA, fondo demaniale fascicoli delle spese con fatture busta 4/8095:
FRATI DI SAN DOMENICO D’IMOLA, fondo demaniale b. 8/8105:
CATASTO GUERRINI, MAPPE DI MEZZO COLLE, ANNO 1740, REG. 24 TAV. XII, n.18-19
FRATI DI SAN DOMENICO D’IMOLA, fondo demaniale b. 5/8102
CATASTO NAPOLEONICO, BROGLIARDINI DI MEZZO COLLE b. 294
CATASTO GREGORIANO, SOMMARIONE DI MEZZO COLLE, reg.421 Mappale 170 e 171
CATASTO GREGORIANO, BROGLIARDO DI MEZZO COLLE REG. N.421, mappale 170 e 171
A.D.I., ARCHIVIO MENSA VESCOVILE, POSSESSIONE LA MARANA “Mappa del vescovo Gian Carlo Bandi”Perito Francesco Oppi 1755.
CATASTO NAPOLEONICO, BROGLIARDI DI TORANO b. 298.
NOTARILE IMOLA, ROGITO POLETTI GIACINTO, 19 OTTOBRE 1761
PRETURA D’IMOLA, ANNO 1797, NOTAIO BRUNORI FRANCESCO, B. 340
PROCESSO, fondo curia vescovile b. 42 anno 1736 n. 4:
CATASTO GREGORIANO, SOMMARIONE DI GHIANDOLINO REG. 418
CATASTO GREGORIANO, MAPPE GHIANDOLINO, BUSTA 555, TAVOLA III, MAPPALI 121 E 128. Mappale 121
CATASTO NAPOLEONICO, BROGLIARDI DI GHIANDOLINO, BUSTA 293.
CATASTO RIDOLFI – PIAGGESI,( TOMO V, CARTA 87, PARTITA 3) ASSEGNE, TOMO IV.
CATASTO GUERRINI, MAPPE DI GHIANDOLINO, BUSTA 25.
CATASTO NELLI, TOMO V, CHIESE, carta 151
ARCHIIO NOTARILE IMOLA, PIANCASTELLI FRANCESCO ANTONIO, ANNI 1761 – 62, ROGITO DEL 18 AGOSTO 1762, CARTA 254.
CATASTO RIDOLFI (PIAGGESI), ANNI 1778 – 83, TOMO V Comuni, Fiebano.
CATASTO NAPOLEONICO, BROGLIARDO FIEBANO, BUSTA 293.
CATASTO GUERRINI, ANNO 1740, MAPPE REGISTRO N. 27, FEIBANO.
CATASTO GUERRINI, REGISTRI D’ESTIMO, FIEBANO, reg. n. 17.
CATASTO NELLI, CAPPELLA DI SAN PAOLO, TOMO III, ANNI 1637 – 1796
CATASTO NELLI, CAPPELLA DI SAN LEONARDO TOMO II, ANNI 1637 – 1796
CATASTO GREGORIANO, MAPPE DI BERGULLO CON GOCCIANELLO, B.548.
CATASTO GREGORIANO, SOMMARIONE DI LINARO, A.1811
ROGITO ZARDI FRANCESCO PETRONIO DEL 5 MAGGIO 1830
CATASTO GREGORIANO, BROGLIARDO DI LINARO, A. 1835
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